Le finestre sull’io

WOMAN’S TALES

Ogni artista ha la possibilità di raccontare delle storie. C’è chi lo fa attraverso metafore e chi invece utilizza messaggi decodificati. Chiara Napolitano lo fa con la lente attenta di uno sguardo al femminile veritiero e coerente con il segno dei tempi. Non necessariamente uno sguardo “di genere” deve essere retorico, può essere fresco e creativo e riportare una nuova visione. La figura femminile è soggetto privilegiato dei lavori dell’artista, e viene presentata come un archetipo sostanziale, con il suo posto nel mondo e nella storia. Una presenza libera di esprimersi con i suoi diversi costumi, le differenti razze, tipologie e tradizioni che vengono tramandate da madre in figlia e che non subiscono contaminazioni di sorta. L’artista racconta senza indicare luoghi ma lasciando percepire il vissuto che sta dietro ad ogni volto e comportamento umano. La profonda umanità di figure dai contorni strappati, allude ad una ferita interiore e secolare che diventa marchio profondo di un’esistenza che non ha ancora trovato una sua legittimazione. Le colature della pasta pittorica che sembrano sciogliersi assieme alle lacrime di una sofferenza pienamente umana – la croce che ogni essere femminile deve portare ogni giorno, sia spirituale che terrena – si fondono con gli strappi e gli interventi di brani di carte sovrapposte e rammendate che rimandano alle costrizioni corporali e psicologiche che ogni donna è costretta a subire all’interno di una società fondamentalmente maschilista come quella attuale. Focalizzandosi in particolar modo sull’espressione di un volto dai tratti marcati, che diviene lo specchio di un’anima destabilizzata pur se raccontata nelle più banali azioni quotidiane, come il gioco o la sessione di trucco, Chiara Napolitano mostra come ad ogni diversa epoca, ad ogni età, dall’infanzia alla maturità,  corrisponda lo stesso mood, che fa riferimento all’esigenza di rafforzarsi per raggiungere la consapevolezza, ovvero l’io più autentico. Ed è così che spalanca le sue finestre sull’io, narrando le sue storie con una pittura di getto e senza schemi preparatori, colorata o spenta nel bianco e nero, frammenti di sguardi amari e malinconici e tracce di decoupage decorativo che si intravvedono sul legno e formano ricami sontuosi oppure brani di biancheria e di carne nuda sotto ai vestiti. Tutto il bagaglio necessario per affrontare l’infinito viaggio della vita.

FRANCESCA BABONI

 

LACERAZIONI

Schiva chi si conforta

con espressioni di gomma

Erica Mou, Nella vasca da bagno del tempo

Per gli animi sensibili, la sofferenza è l’insostituibile compagna per tutta la  vita. La negatività che si respira quotidianamente a vari livelli sociali è poi un’altra stoccata alle possibilità d’uscita da questo vicolo cieco. In realtà l’esistenza si riempie di false positività. La vita è una lotta sovente senza senso, con esseri che si combattono per mere vacuità. Qui muore sovente ogni speranza di migliorie per gli esseri umani. Chiara Napolitano imbastisce un lavoro dove le lacerazioni verso il soffrire del susssistere sono ben evidenti. La rappresentazione dell’essere diventa perciò metafora stringente sulll’attualità. La raffigurazione corporea viene accompagnata dal collage che pare riferirsi alla stridente congiuntura sociale e individuale. L’istintività dell’autrice è poi foriera d’implicazioni suggestive verso il mondo che ci accompagna nel normale vivere. Uno sostrato di malinconia accompagna la totalità delle elaborazioni, sentore continuo di una solitudine dell’essere anche quando è in ( finta ) compagnia. L’interesse muove ormai tutte le dinamiche sociali, anche quelle più importanti, ma permane comunque un sentore di non appartenenza al consesso dell’umanità. Le manifestazioni corporee hanno un’evidenziazione profonda delle caratteristiche espressive del volto. Tale dinamica estetica diviene funzionale ad un’approfondimento semantico sugli stereotipi facciali che la società ci obbliga a presentare davanti alle varie situazioni che ci si presentano, pena una ghettizzazione personale dalla consuetudine collettiva. Chiara Napolitano mostra una figurazione femminile che vuole evadere dai soliti luoghi comuni desunti da finti e vacui codici di comportamento. In fondo il succo dell’esistere è vivere con coscienza il contingente. E tale contingente non è sovente mera circostanza di continuo patimento ? Se non ce ce siamo accorti, la lacerazione umana è ancora in essere.

STEFANO TADDEI